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La Motivazione

Introduzione

La motivazione in generale e anche in ambito professionale indica una spinta,un motus (dal latino, movimento) che determina il comportamento di un individuo in certe circostanze, un concetto che sperimentiamo quotidianamente.

La definizione che propongo è  potente e  la mutuo dall’ambito filosofico, grazie alle illuminanti parole dell’ illustre umanista Martin Buber:

“In ognuno c’è qualcosa di prezioso che non c’è in nessun altro. Ma ciò che è prezioso dentro di sè, l’uomo può scoprirlo solo se coglie veramente il proprio sentimento più profondo,il proprio desiderio fondamentale, ciò che muove l’aspetto più intimo del proprio essere”

Tenuto saldo questo riferimento, mi soffermo prima sul punto di vista soggettivo: che cosa mi motiva al lavoro o a un’attività?

Da questa angolatura,la motivazione si gioca tutta sull’unicità di cui ogni individuo è decisamente portatore. Avremo di fronte a noi una carrellata infinita e variopinta di motivazioni di cui  è impossibile fare una campionatura.

Se sposto l’attenzione su chi deve motivare e gestire le risorse umane mi chiedo: che cosa motiva le persone al lavoro? oppure allo studio?

Su questo aspetto possiamo osservare che vi sono delle indicazioni generali condivise da chi si occupa di Risorse Umane, sul tema abbiamo interessante letteratura.

Apparentemente e ad un primo sguardo, i due approcci al tema sembrano distanti o comunque diversi.

In realtà, ad un’analisi più profonda, e lo voglio sottolineare, l’essenza della motivazione è la medesima.

Il manager e il collaboratore, il conduttore di un’attività didattica e i partecipanti, tutti sono sulla stessa barca, forse non se ne sono consapevoli ma la motivazione dell’uno influenza l’altro e viceversa.

Vivere un’esperienza lavorativa o privata accanto ad una persona motivata nella sua azione, una persona che crede nel suo operare,una persona appassionata al proprio compito, rende il fare, anche il fare maggiormente sfidante o pesante, più facile, crea un’atmosfera di condivisione,lumeggia le difficoltà trasformandole in occasioni di miglioramento.

Tutti noi abbiamo vissuto il contagio della motivazione.

Egualmente il contrario. Una persona demotivata impoverisce il team o il gruppo,ostacola il procedere del lavoro,rallenta e affatica tutti.

Ecco allora che la motivazione si profila come uno stato emotivo condiviso che parte dal singolo individuo e,in ragione del circuito emozionale, influenza tutti gli altri.

Se ne deduce che la motivazione è il cuore del lavoro, di attività sociali,di volontariato, politiche, è il cuore di una vita vissuta pienamente.

 

Circoscrivere la motivazione. L’approccio di Goleman

Goleman  definisce la motivazione come un piacevole stato della mente che si crea mentre lavoro o svolgo un’attività. Questo ” stato “, chiamato di flusso, mi spinge a svolgere quel compito al meglio, qualunque esso sia!

Dalla zuppa di farro preparata per una cena con gli amici alla scrittura di un testo come quello che sto elaborando.

La  mia motivazione?

Tengo alle persone alle quali mi rivolgo, agli amici, a voi uno per uno, a me stessa, al tema che mi avvince, ecco che sono motivata a studiare, approfondire, con l’obbiettivo di fare del mio meglio e lasciare qualcosa di utile.

Il flusso  si concretizza quando le mie capacità sono impegnate appieno. Spesso mi capita di passare ore davanti al PC e non mi accorgo del tempo che passa, sono concentratissima, mi sento fuori dal tempo.

SONO IN UNO STATO DI FLUSSO, il flusso è il fattore motivante per eccellenza, amo fare quella attività,  mi dedico, entro in quello stato particolare.

Questa è l’essenza della motivazione:

amo fare quella attività.

Naturalmente ognuno di noi trae soddisfazione e piacere per situazioni diverse:

risolvere una pratica di credito, realizzare un bel corso di formazione, lavorare ad un grande progetto sociale, concludere l’inserimento di un nuovo associato, creare una nuova impresa, ricevere e consigliare un imprenditore, risolvere una questione giuridica,restaurare un mobile,curare un ammalato.

Si parla in tal caso di motivazione intrinseca,essa è dentro la situazione, il lavoro è un piacere.

Il flusso incide fortemente sulla concezione di motivazione.

Ma studiando la motivazione, specie quella lavorativa, ci imbattiamo in quelli che vengono denominati fattori estrinseci  e sono: INCENTIVI,PROMOZIONI,BENEFIT,BONUS, PREMI ,sono fattori motivanti, ma, credetemi, non i più potenti

Una domanda può chiarire la questione: quando avete portato a compimento un lavoro, vi chiedo quali sono le fonti ultime di soddisfazione per voi?

Studi e ricerche hanno messo in evidenza che :

  1. la sfida creativa è il fattore più gratificante
  2. La possibilità di continuare ad imparare è fondamentale
  3. Molto importanti ma a seguire: orgoglio di portare a termine un lavoro,amicizie,opportunità di aiutare gli altri
  4. Molto indietro lo status, ancora più indietro, la ricompensa economica.

 

Questi studi non fanno che specchiare la nostra individuale situazione lavorativa,è sufficiente riflettere un attimo per verificare questi risultati nel nostro vissuto personale.

Se si vuole ottenere prestazioni ottimali in assoluto, i tradizionali incentivi esterni hanno sicuramente un valore ma relativo, per raggiungere il massimo si deve amare ciò che si fa.

NON è un caso che motivazione ed emozione abbiano in comune la stessa radice latina, movere, muovere.

Le emozioni sono il nutrimento della motivazione. Pensateci, una cosa importante che avete fatto, ha preso le mosse da una grande emozione.

Se siamo in uno stato di flusso, tutto sembra facile, ma cosa sta accadendo fisiologicamente? Il flusso costituisce un sostanziale paradosso neurale.

Che significa? Posso essere concentrata in un compito complessissimo e tuttavia il mio cervello opera ad un livello di attività o dispendio energetico minimo.

D’altro canto, quando sono annoiata, apatica, passiva oppure ansiosa, l’attività del cervello è diffusa, i neuroni scaricano in modo diffuso e irrilevante ai fini del compito in corso, diversamente nello stato di flusso in cui il cervello è efficiente e preciso nella sua attività di scarica, complessivamente si abbassa lo stato di risveglio corticale. Questo mi fa capire perché il tempo scorre velocemente quando svolgo un’attività che mi appassiona e invece un minuto non passa mai quando sono demotivata al compito che “devo” svolgere.

Vorrei provare ad elencare i fattori che possono aiutarci ad alimentare la motivazione per capire di cosa si nutre la nostra motivazione.

  1. La presenza mentale. Che significa? Capita che la persona che collabora con te non abbia capito quello che cosa deve fare, che sia inconcludente nel suo agire, magari vi sono scadenze da ottemperare. Capita che ci si irriti…di sentirsi la collera salire, alla mente si affaccia una risposta brusca o dichiaratamente acida, capita di iniziare a scrivere una mail pesante…Esercitando la capacità di essere consapevolmente presente sul posto di lavoro, posso comportarmi diversamente ed aprire un varco positivo alla soluzione del problema in atto. Amplio il mio campo visivo sul problema. Che succede, qualcosa non va? Una domanda gentile, una battuta, un gesto di avvicinamento, un sorriso, uno scambio più chiaro di informazioni e la matassa si dipana. ESSERE PRESENTI L’assenza psicologica è prassi collaudata, vivere il proprio lavoro come una routine, meccanicamente, annoiati, non in sintonia…l’idea è quella di buttare via otto, nove ore di vita, chiaramente non si è attenti a se stessi e di conseguenza agli altri.
  2. La motivazione aumenta con la curiosità, il desiderio di migliorare, di imparare cose nuove, aggiornarsi, formarsi, accettare nuovi progetti.
  3. Lo stress positivo , un clima moderatamente pressante fa bene, è una pressione che mobilita all’azione. Una motivazione intensa è un’ondata emotiva, la neurochimica ci insegna. Nel contempo occorre concederci pause di consapevolezza e rilassamento per non subire gli effetti negativi degli eventi stressanti.
  4. L’autentico e sincero apprezzamento delle altre persone è fattore motivante.

 

Per concludere: un esercizio e una lettura

Per concludere le mie riflessioni sul tema  della motivazione, propongo un esercizio ed una lettura ad alta voce di un testo.

Credo che sia decisivo coinvolgere il lettore, la motivazione è un punctum dolens  per il mondo del lavoro ed anche per la vita privata. Va affrontata in prima persona.

A) L’esercizio è stato ideato dalla Dott.ssa Rosy Alaia, dirigente di ING DIRECT

Tutti dobbiamo chiederci – e sempre – se quel che stiamo facendo migliora e arricchisce la nostra esistenza. O abbiamo tutti, per una qualche innaturale deformazione, perso l’istinto per quel che la vita dovrebbe essere, e cioè soprattutto un’occasione di felicità?

Prendiamo spunto da questa frase di Tiziano Terzani per porci delle domande e rivedere la situazione in cui siamo alla luce di un percorso individuale, “nostro” e pertanto unico.

  1. Pensiamo a due/tre situazioni della nostra vita; ad esempio il nostro lavoro, la nostra relazione sentimentale, la città in cui viviamo, il nostro stile di vita.
  2. Pensiamo per qualche minuto a ciascuna di esse: quel che stiamo facendo migliora e arricchisce la nostra esistenza?
  3. Se si, abbiamo una buona motivazione per portarlo avanti ed impegnarci sempre di più
  4. In caso contrario, chiediamoci perché siamo in questa situazione, quali scelte e/o condizioni ci hanno portato fin qui. Indaghiamo dentro di noi cosa ci spinge/obbliga a non andare in un’altra direzione.
  5. In ogni caso, le domande che ci porremo ci aiuteranno in ogni momento di stanchezza o di difficoltà, perché avranno messo in luce che la risposta che giustifica tali sacrifici. Se non l’abbiamo, dovremmo pensare seriamente a ciò che stiamo facendo, perché la motivazione che ci ha portati avanti fin lì potrebbe non essere più valida, e forse dovremmo concentrarci su qualcos’altro.
  6. Raccontiamo ad una persona uno dei nostri percorsi che abbiamo ricostruito. Sarà utile ad entrambi.

 

B) L’entusiasmante testo da leggere ad alta voce è di Antonia Tronti. Personalmente lo rileggo ogni volta che mi trovo in un momento di stasi o comunque di bonaccia, è una bella sferzata e ha il sapore di un bagno in mare a maggio quando l’acqua è ancora fresca e rigenerante.

IO :esposto, arrischiante, libero

Sempre più, procedendo nella vita, l’io diventa un io con cui ci identifichiamo e che crediamo di poter definire.

Diviene la fonte della nostra stessa identità sociale e personale.

Della nostra riconoscibilità. Ci assegna un posto nel mondo e ci dice quali sono le nostre modalità di relazione e di reazione. E’ una sorta di archivio a cui in ogni momento possiamo attingere  per trovare le risposte e gli atteggiamenti da adottare.

Già pronti. Già sperimentati. Noti. E incasellati. Basta ricordarli e rimetterli in atto, evitando la fatica di porci davanti alla situazione da affrontare come davanti a una novità rispetto alla quale la risposta è tutta da inventare – e dunque faticosa; e dunque rischiosa.

Nell’io in cui ci riconosciamo tutto è già scritto. Ma proprio per questo, poco aperto al possibile. E’ un io che tende a ripetere se stesso, a cullarsi nelle reazioni già note, a chiudersi in difesa della coerenza. Un io recintato, che non permette di esporsi alle vibrazioni della vita e non lascia che i petali del nostro essere si schiudano.

Ma dietro questo io recintato c’è un “Io” ulteriore, che è pura esistenza e che non siamo noi a produrre.

Precedente a qualsiasi condizionamento e definizione. Non intrappolato nella costruzione delle identità. Non toccato, indelebilmente da nessuna esperienza. Non già definito una volta per tutte. Non ripiegato su di sé. Esposto.

Arrischiante. Libero. Un “io” creativo, in cui ancora tutto è potenzialità, in attesa di dispiegamento.

 

Bibliografia di approfondimento

D.Goleman, Intelligenza emotiva,Rizzoli, Milano,1995

D.Goleman, Lavorare con intelligenza emotiva, Rizzoli,Milano,1998

D.Goleman,Essere Leader,Rizzoli,Milano,2002

D.Pardini,In strada, Percorsi di Sviluppo Personale. La Parola,Roma,2012

S.Gianfaldoni,Lessico Interculturale, Voce  Relazione Umana, autrice D.Pardini,Franco Angeli,2014

Diana Pardini

Studi classici, due lauree, una in Giurisprudenza e una in Scienze della Formazione, un perfezionamento in Filosofia del diritto e, soprattutto, tanta pratica di umano nell´insegnamento, volontariato e associazionismo. Da oltre venti anni svolge attività di direzione e di formazione presso l´Associazione Culturale Eraclito 2000 di Pisa.