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Business Model Canvas: Bisogno, Emozione e Creatività in un’unica pagina

Introduzione

Nel 2004 Alexander Osterwalder, un giovane teorico svizzero di affari economici, scrive un libro con un approccio scientifico al problema del “creare il business”: il libro si chiama “Creare modelli di business. Un manuale pratico ed efficace per ispirare chi deve creare o innovare un modello di business”. Viene proposto uno strumento nuovo per ripensare i modelli aziendali: il Business Model Canvas (per gli amici, BMC), poi diffuso nel 2010 grazie al manuale Business Model Generation.

Da subito il testo ha un impatto efficace su quelle aziende che vorrebbero ripensare il loro mercato e i loro clienti. La crisi del 2008, che sarà chiamata dagli esperti “la Grande Recessione”, è ancora di là da venire ma i mercati stanno cambiando rispetto al passato. La storia economica ci insegna che gli effetti della globalizzazione (in pieno sviluppo nell’anno in cui Osterwalder scrive il suo testo) stanno modificando profondamente la conformazione tradizionale che il mercato aveva assunto fin dal Secondo Dopoguerra. Si fa molta più fatica a vendere, a posizionare il prodotto verso i clienti. Le aziende, rispetto al periodo storico precedente, non hanno più il monopolio del mercato con il loro prodotto o servizio. Ne esistono molti, moltissimi, di prodotti e tutti di tipologia simile. Basta andare in un supermercato e scegliere uno shampoo senza avere un’idea precisa: la scelta diventa complessa, ci si sofferma a valutare l’estetica delle mille boccette colorate, le qualità degli ingredienti descritte in maniera affascinante sulla confezione, l’impatto pubblicitario che ogni prodotto può avere su di noi (quante e quanti di noi hanno smesso di comprare lo shampoo Pantène dopo averlo visto pubblicizzare da Chiara Ferragni? Personaggio che si ama o si odia, senza mezze misure). Il prezzo, spesso, viene ultimo in questi ragionamenti.

Il consumatore di fronte al Web

Ma c’è un altro fattore che trasforma profondamente il modo di approcciarsi al prodotto e, di conseguenza, i mercati: il grande afflusso di informazioni che, con l’avvento e lo sviluppo di Internet, possono essere consultate direttamente dal Consumatore. Il Web vede negli ultimi quindici anni una crescita velocissima. Con l’abbattimento dei prezzi dei contratti telefonici, entra prepotentemente nelle nostre case, diventa uno strumento democratico che non fa distinzioni tra poveri o ricchi: chiunque può usarlo, chiunque può dire la sua, chiunque può consultare immediatamente informazioni su un prodotto o su un servizio che interessa. Nascono i siti di opinioni, di comparazioni, di valutazioni di un nuovo prodotto che magari non si conosce ancora bene ma che è già forte in altri Paesi. Si può aprire YouTube e si scoprono centinaia di video – a volte più o meno casalinghi – in cui assistere con i propri occhi alla dimostrazione di un oggetto che avevamo in mente di comprare ma su cui non sappiamo ancora niente, o alla critica di un fidato YouTuber che analizza pregi e difetti dell’oggetto del desiderio. L’immediatezza e la facilità della pubblicazione rendono questi spazi una nuova modalità di informazione, talvolta in competizione diretta con i media tradizionali e con le più famose e autorevoli testate giornalistiche. E la linea comune è nel dialogo alla pari: la tua voce (anche quella dell’azienda!) vale al pari degli altri, non esiste più l’azienda leader del settore da ascoltare e venerare in silenzio.

Cambia il Bisogno del cliente. Lo psicologo americano Maslow (quello della Piramide dei Bisogni, per intenderci: su Internet si trova tantissimo su questa teoria) avrebbe avuto filo da torcere ai nostri giorni. Egli sosteneva che, alla base dei bisogni umani, ci fossero quelli primordiali di respirare, nutrirsi, essere accuditi. Ed è ancora così, ci mancherebbe! Ma, salendo in alto nella Piramide, i Bisogni Sociali e i Bisogni del Sé mutano oggi il loro ruolo: si fa più forte il Bisogno di Appartenenza, spesso più potente del Bisogno di Sicurezza. Così come il Bisogno di Autorealizzazione, specialmente per chi vorrebbe realizzarsi nel mondo professionale con “qualcosa di proprio” come un’impresa. Pensiamo ai nostri nonni e bis-nonni: quante possibilità avevano di realizzarsi in un’attività lavorativa? Quante occasioni potevano essere loro offerte dalla società del tempo? Spesso dovevano invece rinunciare ai propri sogni per affrontare un lavoro soltanto per “portare il pane a casa”.

Marketing, emozione ed ascolto

Le aziende sanno benissimo che la società è cambiata, e, con essa, anche i bisogni. Per questo il Marketing (ossia tutto l’insieme delle tecniche di vendita di un prodotto o servizio) diventa, oggigiorno, basato sull’Emozione. L’emozione di possedere un prodotto esclusivo (pensate agli IPhone e a tutto ciò che ruota attorno alla famosa Mela col morso)…l’emozione di usare lo stesso shampoo cosmetico della fashion blogger del momento… l’emozione di ritrovarsi in famiglia per le feste e sentirsi parte di una rassicurante intimità familiare (la Pasta Barilla gioca su queste emozioni da decenni)…l’emozione di sentire un profumo per strada e riconoscerlo come quello del tester che ci hanno fatto provare in profumeria…

Sarebbe però un errore se i grossi brand non si soffermassero ad ascoltare i nuovi bisogni e le nuove emozioni dei clienti odierni. Ecco che il marketing emozionale basa la sua efficacia sul Marketing dell’Ascolto. Infatti, le informazioni e le opinioni che tutti noi condividiamo sui social network, sui blog, nei commenti sul Web, vengono raccolti e usati per ascoltare il cliente, per capire meglio le sue aspettative. Hanno capito questo le aziende più intelligenti, quelle che hanno cessato di abbracciare tipi di comunicazione aggressiva e invadente che per anni è sembrato l’unico modo per catturare il consumatore (Alzi la mano chi di voi non ha mai ricevuto una telefonata di promozione mentre si stava sedendo a tavola…!).

Il marketing dell’ascolto si basa su alcuni punti fondamentali:
• Ascoltare: un’azione che viene naturale ed è la più importante. Reperire le informazioni, ricercare le opinioni, monitorare l’umore del pubblico, capire i trend emergenti.
• Accettare: tutte le aziende ricevono opinioni negative sui propri prodotti o servizi. Chi si ostina a dar battaglia, perde. Meglio accettare e cercare di comprendere che cosa non funziona. Soltanto davanti alla critica offensiva e volgare si fa meglio a tacere. Per il resto, l’azienda che, con calma, accetta e chiede, vince.
• Rispondere: considerare ogni spunto di discussione come inizio di una relazione col cliente, è vantaggioso. L’azienda che si fa percepire presente e positiva ha più probabilità di posizionare meglio il proprio brand.
• Partecipare: è l’anima stessa del mercato di oggi! Chi non partecipa, chi si taglia fuori, chi si ostina su posizioni rigide o su vecchi tipi di campagna pubblicitaria, ha già perso quote.
• Divertirsi: è il mantra di chi accede in rete per cercare informazioni o opinioni sul prodotto che interessa. Le aziende che hanno capito questo, hanno alle spalle una seria strategia di diffusione sul mercato ma inventano nuovi e divertenti linguaggi di comunicazione per farsi ricordare.

La Creatività

Ecco il potere della Creatività. L’approccio troppo serio di alcuni marchi annoia, stanca, respinge la possibile clientela. Non esistono più i tempi in cui un detersivo per i piatti veniva spinto sul mercato semplicemente facendone il nome in un asettico spot con anonimi attori. Oggi si preferisce la storiella divertente legata alle disavventure di un personaggio o alla bravura di un comico conosciuto. Oppure si inventano nuovi modi di colpire l’attenzione del cliente: si offrono test di prodotto, si allegano campioni gratuiti alle pagine di un magazine, si aprono contest sui social dove, chi esegue la prova migliore, vince un premio significativo. Ricordo ancora, pochi anni fa, di esser rimasta colpita da una divertente strategia pubblicitaria di una grossa catena di arredamenti: l’azienda aveva assoldato ragazzi mascherati da SpiderMan che, al semaforo, ti lasciavano il catalogo del negozio e l’invito per la nuova apertura. La strada era disseminata da questi personaggi che, spesso, non esibivano propriamente un fisico da supereroe ma che comunque si divertivano molto e chiacchieravano volentieri con le persone. Sicuramente una trovata creativa ed efficace!

Il Bisogno, l’Emozione e la Creatività trovano spazio di espressione in una delle più potenti soluzioni che lo svizzero Osterwalder ci ha regalato. Ogni azienda, oggi, si trova ad affrontare la sfida della creazione di valore: il creare valore viene normalmente definito come la capacità dell’azienda di creare soluzioni organizzative e strategiche attraverso le quali acquisire vantaggio competitivo. Ovvero, come restare a galla sul mercato distinguendosi dagli altri concorrenti (competitors).

Lo strumento del BMC

Il Business Model Canvas permette la traduzione in fatti concreti di queste riflessioni.

Conoscendo il potere che il visivo ha sul nostro cervello, il BMC è esclusivamente uno strumento di lavoro visuale, che consente di avere tutto sott’occhio prima, durante e al termine dell’elaborazione delle strategie aziendali. Seguendo inoltre la conformazione del cervello umano, il BMC è stato pensato per seguire proprio lo schema cerebrale: sul lato destro le emozioni, sul lato sinistro la logica e l’efficienza. In questo modo riesce a diventare intuitivo ed efficace fin da subito.

Il BMC ti permette di schematizzare la tua idea di business, vedere i punti di forza e di debolezza e infine capire quali sono gli elementi che ti occorrono per partire. E’ suddiviso in 9 blocchi con i componenti necessari per trasformare un problema in un’impresa profittevole: i 9 blocchi corrispondono infatti a tutti quegli aspetti che debbono essere presi in considerazione per progettare , o anche solo per ripensare in termini nuovi, l’idea di business attorno alla quale ruota la nostra azienda. Non a caso, da quando ha iniziato a diffondersi, ovvero nel 2010, è stato adottato anche da brand mondiali che avevano bisogno di reinventare la loro presenza sul mercato. Ad esempio, Apple, Facebook, Zara Abbigliamento e Home Design, solo per citarne alcuni: in Italia, Poste Italiane e Ferrari lo hanno utilizzato con successo.

Il BMC consente inoltre di condividere concetti complessi in maniera semplice, con un linguaggio universale, comprensibile a tutti. Ecco perché favorisce il gioco di squadra. Non si può pensare un BMC senza l’apporto di tutti i giocatori del business: si lavora in gruppo, scambiandosi idee e opinioni, favorendo il confronto e il dibattito. Ognuno, con la sua personale visione, la propria creatività e il proprio bagaglio di conoscenze, diventa utile e prezioso per lo sviluppo del business. In questo gioco di ascolto e scambio, il BMC non fa altro che riprodurre – come in un microcosmo – la conformazione del mercato contemporaneo, ripercorrendo le vie del Marketing dell’Ascolto e traducendole efficacemente in un Marketing di Fiducia.

La Fiducia rappresenta l’elemento distintivo di tutte le relazioni di marketing. Le ricerche sul tema hanno dimostrato la centralità della fiducia in ogni contesto settoriale e relazionale: mercati industriali, mercati di consumo, mercati di nicchia. Oggi più che mai il management della fiducia è considerato una via obbligata per la nostra economia. E questo specialmente nel periodo che stiamo vivendo, in cui gli effetti della crisi iniziata nel 2008 ancora si fanno sentire e sia il cittadino che il cliente avvertono un grande bisogno di sicurezza. Non è allora più pensabile per le aziende limitarsi a soddisfare i bisogni dei clienti ma è necessario ottenere nel tempo il loro atteggiamento fiducioso.

Il BMC si dimostra un valido supporto per l’impresa che voglia cimentarsi nel processo di creazione di valore.

Processo che, come abbiamo visto, coinvolge Bisogni, Emozioni e Creatività ma che, forse per la prima volta nella storia economica, raggiunge il vantaggio competitivo partendo dall’Uomo.

Cecilia Taddei

Si laurea brillantemente in Scienze Politiche all’Università di Pisa, da sempre attratta dalle dinamiche aziendali lavora presso società del settore produttivo acquisendo competenze sul mondo imprenditoriale. Tra i suoi titoli il conseguimento del Master in CIBA. Negli ultimi dieci anni si è dedicata alla formazione con docenze ed interventi presso master e corsi universitari. Numerose le pubblicazioni sul Web ed editoriali, recentemente , insieme a D.Corigliano, ha pubblicato il volume I Banti. 100 anni di impresa inserito nella Collana Cultura e Formazione della Campano Edizioni.