Steve Jobs
Dott.ssa Chiara Tuoni
L’autrice
Dopo la maturità classica inizia il suo lungo viaggio nella comunicazione: come espressione artistica – corsi di recitazione e di scrittura – e con lo studio d’immagine – diploma e attività di vetrinista, redattore di moda e fashion stylist – collaborando con riviste, aziende moda e uffici stampa. Si laurea in Informatica Umanistica, apprendendo gli strumenti della comunicazione tecnologica, ha due master in comunicazione – Comunicazione Ambientale all’Università di Pisa e Comunicazione, Banche e Assicurazioni con Eraclito 2000 – e una certificazione di Project Manager. Attualmente è Consulente di comunicazione e informatica e coordina un Centro per la Biodiversità di un Parco provinciale toscano. Docente del Master CBA dal 2011.
Introduzione
“… brave enough to think differently,
bold enough to believe he could change the world,
and talent enough to do it.”
Barack Obama su Steve Jobs
Chi è – chi era – Steve Jobs? Ha senso parlarne ancora dopo i fiumi di bit spesi a farne un mito, l’eroe contemporaneo di questi tempi digitali? Dopo biografie più o meno autorizzate, aneddoti da lui stesso adoperati a farne discorsi memorabili dai palchi delle Università più prestigiose del mondo; dopo gli encomi dei potenti e le fazioni contrapposte sul web a “postate” di biographical sketch, per alcuni un imprenditore visionario, per altri un capitalista cinico e senza scrupoli. Eppure, chi con passione chi a malincuore, tutti concordano su un punto: Jobs ha saputo esserci al momento giusto, ha saputo acchiappare nella sua rete le idee che erano nell’aria e immaginarsi il mondo sempre un po’ più in là, navigando oltre il tempo presente.
Una vita pensata fino all’ultimo pixel, una vita in cui però “non è possibile unire i puntini guardando avanti; potete solo unirli guardandovi all’indietro” (Steve Jobs da “Discorso ai laureati di Stanford”, 2005). Una vita in cui di tutto si fa tesoro per scoprire nuovi tesori, una vita alla ricerca logica del bello, del miglior bello possibile che, dopo di lui, da mera estetica e funzionalità, è saputo diventare desiderio e prestazione insieme, in prodotti sensuali come una mela non soltanto colta, non soltanto posseduta, ma morsa, fruita con passione, come nel celeberrimo logo Apple.
“Sono convinto che l’unica cosa che mi ha trattenuto dal mollare tutto sia stato l’amore per quello che ho fatto. Dovete trovare quel che amate. E questo vale sia per il vostro lavoro che per i vostri affetti. Il vostro lavoro riempirà una buona parte della vostra vita, e l’unico modo per essere realmente soddisfatti è fare quello che riterrete un buon lavoro. E l’unico modo per fare un buon lavoro è amare quello che fate. Se ancora non l’avete trovato, continuate a cercare. Non accontentatevi. Con tutto il cuore, sono sicuro che capirete quando lo troverete. E, come in tutte le grandi storie, diventerà sempre migliore mano a mano che gli anni passano” (S.J. da “Discorso ai laureati di Stanford”, 2005).
Il testamento di Jobs è quello di non arrendersi mai, anche se, detto così, sembra banale. Non arrendersi non significa andare avanti come un ariete sfondando ostacoli senza pensare, e nemmeno andare avanti a capo chino senza mai esistere davvero. Non arrendersi significa guardare sempre oltre se stessi, oltre le traversie della vita, avendo presente il nostro personale obbiettivo.
Il suo era cercare il bello – quel bello di cui si diceva – con curiosità professionale. E migliorarlo costantemente, nella qualità e nella funzionalità, nella fruizione e nell’estetica, per farne qualcosa di nuovo, di grande, di meraviglioso. “Essere l’uomo più ricco del cimitero non m’interessa… Andare a letto la sera dicendosi che si è fatto qualcosa di meraviglioso… questo è quello che conta per me” (S.J.). E c’è riuscito, ha fatto qualcosa che ci ha rivoluzionato la vita, qualcosa di cui oggi non sappiamo più fare a meno. Una ricerca per il New York Times compiuta dal neuroscienziato Martin Lindstrom – che da anni applica la neurologia al marketing – paragona l’attrazione per il proprio iPhone alla sintomatologia amorosa, la sua suoneria tra i dieci suoni che causano le emozioni più forti, al terzo posto dopo il pianto del figlio e il jingle di accensione del computer; per iPhone e iPad ha altresì riscontrato analogie con le tossicodipendenze.
Com’è stato possibile tutto questo? Come ha fatto Steve Jobs a creare questi mostri… di bellezza?