“Dall’apparire l’essere, dall’essere l’apparire. Dal nulla viene l’uno, dall’uno viene il nulla.”
Il sogno della camera rossa1
Tutte le volte che arrivo in Cina, mi chiedo sempre come i cinesi vedono gli Europei. Quello che so è che ci chiamano “nasi lunghi”, dicono che i “noodles” sono migliori dei nostri spaghetti e che la cucina italiana è grassa e pesante, a conferma che nel mondo tutto è relativo e che magari quello che noi consideriamo bello e buono, non è detto che lo sia per gli altri.
Viaggio spesso in Cina, soprattutto a Shanghai ma mi è capitato di andare in città meno occidentalizzate e più spiccatamente Cinesi, come Zhengzhou. Qui non ho incontrato europei e, camminando per le strade, si capisce cosa significhi essere in minoranza e sentirsi diversi. Gli sguardi sono incuriositi e si avverte il desiderio di voler sapere qualcosa di più su questi stranieri che si aggirano per la città. Ti sorridono e chi parla inglese tenta un approccio per scambiare qualche parola, sempre con fare molto rispettoso.
Sulla Cina ed i Cinesi gli stereotipi non mancano e liquidare l’intera faccenda dicendo che la Cina è un problema e che i Cinesi sono tutti uguali, mi sembra un po’ superficiale. È vero che la Cina è un unico paese ma non tutti i Cinesi sono gli stessi e per apprezzarne le qualità, forse dovremmo partire dall’idea che le persone sono individui da scoprire e questo vale per tutti i paesi del mondo.
Il mio primo viaggio in Cina per lavoro risale al 1995, a Beijing. Era novembre, il cielo era grigio, la città un brulichio di biciclette e pedoni. Piazza Tianammen, austera e malinconica. Un mega-schermo scandiva il tempo che mancava ad Hong Kong per tornare ad essere cinese, dopo la parentesi britannica. Dappertutto, foto di “Chairman Mao”. Pochi gli Europei ma c’erano gruppi di Cinesi che mi fissavano con un misto di curiosità e timore. Ai loro occhi, dovevo sembrare un gigante dal mio metro-e settantacinque-centimetri-di altezza- più-i-tacchi.
Ho un bel ricordo di Beijing, degli Hutong2 , dei mercati, delle biciclette cariche di rotoli di carta-igienica-cartaccia-scatole-sacchi, dei loro conducenti un po’ annoiati, un po’ distratti con le loro divise blu e le scarpe di tela. Un sistema di trasporto per noi impensabile, un po’ faticoso ma sicuramente ingegnoso. Del resto, l’ingegno è una prerogativa del popolo cinese unito al senso di disciplina, alla costanza, all’impegno e alla perseveranza. Già da piccoli per imparare la lingua, devono applicarsi e studiare molto. La scuola cinese è selettiva per cui l’impegno ed il senso di sacrificio si imparano presto, come parte integrante della tradizione buddista e del Kung-Fu.
Nella nostra cultura colpita dalla voracità delle trasformazioni e dal bisogno di andare sempre più veloci, alla ricerca di stimoli che ci distraggono continuamente, questi valori un po’ trascurati e dimenticati, andrebbero forse recuperati. Tiziano Terzani diceva che tra due strade, una in salita e l’altra in discesa, è sempre meglio scegliere la prima perché il confrontarsi con se stessi è una forza, è un impegno faticoso ma di grande soddisfazione e ci consente di andare verso l’alto ed ambire ad un pensiero più elevato.
Primavere ed Autunni3
Si dice che noi italiani leggiamo poco. Per un avido lettore, le librerie cinesi sono un paradiso. Quando ero a Zhengzhou sono andata in una libreria per comprare una grammatica. Sono entrata e mi sono trovata in un modernissimo e confortevole “multi-level-store”, pieno di gente. Chi sfogliava i libri, chi li guardava, chi leggeva. Sono andata alla sezione che mi interessava non sapendo assolutamente come fare per trovare quello che cercavo. Nel giro di pochissimo, sono stata avvicinata da tutte le commesse presenti che non parlavano una sola parola di inglese ed il mio cinese era troppo povero per farmi capire. Ma alla fine, fra risate e mimica varie, ce l’abbiamo fatta.
La gentilezza cinese. Non se ne parla mai ma è un aspetto che ritrovo con gioia ogni volta che vado in Cina. In aeroporto, in hotel, per la strada, con i miei clienti. Gentilezza e rispetto. Ad occidente, a volte, presi da noi stessi e dai nostri continui impegni,ci dimentichiamo degli altri e diventiamo scortesi nell’approccio, bruschi nei modi ed intolleranti per il tempo che dedichiamo agli altri.
Dragoni e grattacieli
Dal 1995 ho continuato a viaggiare in Cina e più tardi ho cominciato a studiare cinese. Non so leggere ma comincio a parlare e questo apre scenari inaspettati. La Cina è un paese che è cambiato molto e che continua a cambiare rapidamente. È in uno stato di transizione. Da povertà a ricchezza, dalla centralità del Comunismo al meccanismo di mercato, da una pre-moderna economia ad una moderna economia di mercato. Qualcuno l’ha definita il “Nuovo Vecchio Mondo” e questa idea mi piace molto. Tradizioni e vecchie superstizioni convivono con miti ed imitazioni di modelli più moderni ed occidentali. Potenti auto sfrecciano accanto alle classiche biciclette, oggi motorizzate e futuristici “shopping center” nascono accanto a mercati brulicanti di ambulanti che vendono di tutto: dai vestiti, alle scarpe, al cibo.
Superstizioni, fortuna-sfortuna e simbolismi convivono con un’incredibile tecnologia e velocità di azioni. Il potere della giada. È considerata la pietra sacra dell’amicizia. Braccialetti, ciondoli a forma di Budda, anelli, collane: in Cina si trovano ovunque. Giada antica e preziosa e non. Si dice che la giada protegga e quando l’oggetto che si indossa si rompe, agisca da scudo ed impedisca che accada qualcosa di brutto alla persona che lo porta. A forza di andare in Cina, ci credo anch’io. Porto un braccialetto di giada e regalo amuleti agli amici più cari. Male non fa e poi non si sa mai.
Alcune superstizioni sono collegate al calendario lunare. Il settimo mese è legato alla morte ed i suoi primi quindici giorni vengono chiamati “il mese dei fantasmi”. Si dice che, in questo periodo, le “anime appese”, ossia le anime delle persone decedute prematuratamente o per morte violenta, tornino sulla terra. Secondo i Cinesi è quindi pericoloso viaggiare, sposarsi o cambiare casa in questo periodo.
Per non parlare poi dei numeri e dei colori. Il quattro è associato alla morte, l’otto è, invece, considerato un numero fortunato perché in cantonese significa “diventare ricco”. Per strada, si vedono ogni tanto, targhe con 888. Più ce ne sono e meglio è ma questo ha anche un forte costo.
Il rosso è il colore della felicità, al contrario del blu-giallo-bianco associati all’idea della morte. Nelle auto, ad esempio, un lungo pennacchio rosso in tessuto con intarsi vari, viene attaccato allo specchietto retrovisore come a simboleggiare protezione e buona sorte per il conducente.
Anche sugli animali le credenze popolari sono numerose. La tartaruga significa lunga vita; il cavallo velocità; il pesce ricchezza; la tigre la fierezza.
Una cosa che mi ha colpito girando per i mercati sono le stampe di carta di riso. Molte rappresentano scene bucoliche: campagna, montagne, ruscelli. Di solito c’è un monaco buddista ed in lontananza si vede qualcuno che pesca, come se non fosse importante. Sembra che questo rifletta il pensiero taoista4: l’importanza della natura e l’irrilevanza degli esseri umani. Mi piace molto, almeno c’è un tentativo di riequilibrare le cose.
A proposito di superstizioni, l’ultimo viaggio a Shanghai mi ha riservato una sorpresa. Abbiamo cominciato a lavorare con un’azienda di Kunshan che produce scatole. Il mio interlocutore si chiama Alex Chu ed è il figlio del proprietario che veste, come tutti gli altri, la divisa blu ma è il direttore. Ha passato la sua giovane vita in Australia, contaminato quindi da studi ed usi e costumi di stampo occidentale. Parla un inglese impeccabile, porta le “ Crocs” ai piedi ed i capelli neri in un taglio-sparato-verso-l’alto molto contemporaneo. Andiamo nel reparto di produzione dove lavorano circa trecentocinquanta persone. Camminando verso la macchina su cui avremmo effettuato le prove, vedo un bel tempietto buddista, a dimensione umana, corredato da un Budda cinese, grasso e sorridente. Incensi accesi, offerte di cibo, fiori di loto e ghirlande colorate, tutto come da tradizione. Chiedo ad Alex come mai c’è un tempietto buddista nell’unità produttiva. La risposta è semplice: prima si verificavano un sacco di incidenti sul lavoro ma da quando c’è il tempietto gli incidenti sono drasticamente diminuiti. Cieca fiducia nella forza di Budda più che nelle norme di sicurezza. Anche questo è un punto di vista.
Shanghai
È forse la città che meglio rappresenta il divenire e che è affascinante per il moderno e l’antico che qui si incontrano. È la città che amo di più ed ogni volta che ci vado è una continua scoperta, di posti da esplorare, da posti da rivedere. È vibrante e fluida e cambia fisionomia in continuazione per i suoi sempre nuovi edifici e grattacieli, strade, ponti e sopraelevate. La si può vedere da tre punti diversi: dalla strada, dall’alto dei suoi edifici e dal fiume Hangpu da cui sembra di staccarsi dalla frenesia della città. Shanghai nel mio immaginario è sempre stata evocativa: una metropoli, la perla dell’Oriente, la Parigi della Cina. Patria di avventurieri, di scommettitori e truffatori, città di facili ricchezze. Per me, girare per il Bund, è come sentire le vibrazioni del passato con la vecchia banca di Hong Kong e Shanghai. Camminare nel quartiere francese per le traverse di Yan’an Lu, attraverso i suoi edifici polverosi e un po’ malconci, rievoca un passato magico e mi sembra di rivedere l’eleganza e la raffinatezza degli anni Trenta e Quaranta.
Mi piace il cibo cinese, mi piacciono gli abiti di seta fluttuanti e senza tempo e a Shanghai ho ormai i miei punti di riferimento che mi fanno sentire a casa. Mi piacciono i cheongsam5 e le giacche di seta dal collo alto e modellate sul corpo che creano un’impressione di quiete ed eleganza. In un mondo chiassoso e di eccessi come il nostro, ritrovare questa linearità e semplicità non è cosa da poco. Eleganza Cinese. Non ci pensiamo mai e crediamo che la Cina produca solo quei vestiti di nylon da pochi euro che si trovano nei nostri mercati. Ma non è solo così. È vero che a Shanghai c’è un grande “ mercato del tarocco” dove si trova tutto ciò che è firmato-taroccato e si sposta continuamente perché il Comune l’ha messo al bando. Gli occidentali lo adorano e si aggirano in questo labirinto alla ricerca dell’affare da sfoggiare nel mondo ad ovest. Per curiosità ci sono andata una volta ma sono scappata subito, inseguita da ondate di cinesi che volevano portarmi al loro negozietto. Questo aspetto della Cina non mi interessa e la logica del tarocco non mi appartiene. Sono più legata alla tradizione, ai vestiti fatti a mano, alle sete preziose dai mille colori.
In Europa siamo abituati a vedere i Cinesi come emigranti, quasi auto-ghettizzati nelle loro comunità e non sempre ne diamo un giudizio positivo. Ma la cultura cinese è anche altro. È Confucio6, è armonia, è buddismo, è poesia. Basta leggere alcune pagine del “Sogno della Camera Rossa” un tesoro della letteratura mondiale, per capire quale grazia e delicatezza ci sia: “Il Cielo delle Passioni, le Grotte dell’Eterno Profumo, le Cime della Primavera Liberata”. Parole che spalancano mondi di fantasia ed equilibrio.
Mi hanno fatto notare che quando parlo della Cina, ne parlo quasi sempre in modo positivo. C’è sicuramente qualcosa di negativo ma, per ora, non lo vedo. Sarà che io vedo non solo con gli occhi ma soprattutto con la passione, con il cuore e la curiosità. Sarà anche che vado sempre a Shanghai che da sempre è aperta ad Ovest ed offre un insieme di morbidezza e giusta aggressività. E mi piace perché è contemporanea. Ci vivono molti occidentali e molti di loro non sono integrati e vivono in un mondo parallelo fatto di Carrefour-e-shopping-centers-stile-europeo.
Non ero mai stata a Xin Tian Di e così, l’ultima volta, ci sono andata. È un’area di Shanghai con un’intensa vita notturna, ricca di ristoranti, caffè, club-jazz, tutti di stampo occidentale e frequentato dagli Europei che vivono qui. Ritrovarsi a Xin Tian Di è un modo,forse, per sentirsi meno soli e per ritrovare una specie di identità comune. E’ come rimanere uniti e compatti davanti alla diversità.
Rispetto alla media i prezzi sono alti ed ho la sensazione che frequentare questa area sia vissuto come uno status symbol. Per quanto mi riguarda, preferisco vedere altrove. Tornerò presto a Shanghai. Ci sono nuove sfide professionali che mi aspettano e progetti in corso da consolidare. E sono pronta per la prossima avventura.