Salovey e Mayer sono i primi a parlare di “intelligenza emotiva”, definendola come “un sottoinsieme dell’intelligenza sociale che comprende la capacità di controllare sentimenti ed emozioni sia proprie che altrui, di discernere tra loro e di utilizzare tali informazioni per guidare il nostro pensiero e le nostre azioni”.
Il concetto acquista popolarità con il testo di Daniel Goleman “Emotional Intelligence”.
L’intelligenza emotiva comprende la conoscenza delle proprie emozioni, il controllo delle emozioni, la motivazione di se stessi, il riconoscimento delle emozioni altrui e la gestione delle relazioni.
Conosci te stesso
Da sempre l’uomo ha avuto stimoli e pulsioni che l’hanno condotto alla ricerca del proprio “io”. Socrate con il suo “conosci te stesso”, Pascal e molti altri ancora si sono soffermati sulla necessità che ognuno ha di riflettere sulla propria condizione; non solo: riflettendo su se stesso l’uomo impara ad amarsi, a coltivare la propria persona, ad accrescere la stima in sé. Pertanto ognuno di noi dovrebbe essere in grado di comunicare costantemente con la propria interiorità, garantendosi momenti di proficuo e sereno distacco dai ritmi frenetici ai quali la quotidianità ci costringe.
Dialogare con il proprio “io” consente di far emergere l’individuale unicità e guida ogni gesto quotidiano. Goleman utilizza il termine “autoconsapevolezza” per indicare la “continua attenzione ai propri stati interiori”. Si tratta quindi di imparare a riconoscere le proprie emozioni, positive e negative, e le dinamiche che le generano: chi vi presta maggiore attenzione ha una vita emozionale più attiva.
Il viaggio dentro se stessi, l’autocoscienza, è il punto di partenza per poter istaurare efficaci relazioni con il prossimo: è necessario partire da se stessi, dai propri valori, dai propri limiti e dalle proprie potenzialità per ricercare l’equilibrio emotivo e rapportarsi con gli altri.
Ricordando una preghiera di San Francesco d’Assisi, “concedimi, Signore, la serenità di accettare le cose inevitabili, il coraggio necessario per cambiare quello che posso e la capacità di discernere tra una cosa e l’altra”: accettazione non è mancanza di apertura, ma riconoscimento della realtà e punto di partenza verso il cambiamento e la crescita personale, è dimostrazione di amore verso se stessi.
Il controllo delle emozioni
Le emozioni ci pervadono all’improvviso e sembrano impossessarsi di noi. Non è possibile controllare il momento in cui si è travolti da un’emozione, né il tipo di emozione che ci travolgerà, ma è importante imparare a riconoscerle ed a gestirle, controllandone in un certo qual modo la durata.
L’obiettivo non è quello di reprimere le emozioni, ma di trovare un equilibrio e fare in modo che le emozioni siano appropriate alle singole situazioni; in tal senso, i romani parlavano di “temperantia” in riferimento alla capacità di frenare i sentimenti estremi, eccessivi.
Citando lo stesso Goleman, “i momenti difficili, come anche quelli positivi, danno sapore alla vita, ma per farlo devono essere in equilibrio” in quanto “è il rapporto fra emozioni negative e positive che determina il senso di benessere psicologico”.
La motivazione
La fiducia in se stessi e l’entusiasmo nel fare le cose giocano un ruolo fondamentale nella realizzazione degli obiettivi di ognuno. Si tratta dunque di trovare motivi che siano in grado di sedurci e dare significato alle nostre azioni.
L’effettivo raggiungimento di un obiettivo personale dipende dalla favorevole congiunzione di molteplici fattori, ma ciò che conta è tendere a realizzarlo, aspirare ad esso, agendo sempre con entusiasmo e speranza; il saper sperare, infatti, determina minori sofferenze dal punto di vista emotivo. La felicità si può trovare in cose così diverse da essere opposte, ma in ogni caso sarà sempre un bilanciamento tra ciò che si desidera e ciò che si ha: è bello desiderare e cercare di ottenere quanto si desidera, ma ciò che conta non è il risultato (in effetti cercando di pensare ora a quale sia la sensazione che si prova al soddisfacimento di un desiderio, mi rendo conto che essa consiste semplicemente in una sorta di ebbrezza che in breve tempo svanisce); anche se il risultato non si raggiunge, per essere felici è sufficiente desiderare ciò che si ha, cercare dentro di noi la serenità.
Riuscire a porsi degli ideali in linea con la propria sensibilità predispone ad agire con passione al fine di conseguirli: chi ha competenza emozionale sa su quali obiettivi puntare; la ricerca della felicità comprende la realizzazione di sé secondo percorsi che sono strettamenti correlati alla sensibilità ed alle potenzialità di ciascuno.
Come scrive Joaquín Campos Herrero: “esercitare l’intelligenza emotiva significa non perdere di vista questo principio: i nostri piccoli passi e le nostre mete più lodevoli, perfino quelle che possono mettere in tensione interi gruppi umani, diventano tanto più accessibili e fecondi quanto più siamo in grado di perseguirli con amore. L’amore è senza dubbio il maggior agente di dinamicità che l’essere umano possa avere a disposizione”.
Il riconoscimento delle emozioni altrui e la gestione delle relazioni
Più siamo consapevoli di leggere le nostre emozioni, meglio riusciamo ad entrare in sintonia con il prossimo. Sapersi relazionare con se stessi costituisce il punto di partenza per creare relazioni positive con gli altri: accettare se stessi ci predispone verso l’accettazione degli altri.
Il termine empatia deriva dal greco emphatheia “sentire dentro”: sapersi mettere al posto dell’altro, entrare nel suo mondo, percepirne sentimenti e valori.
La persona emotivamente intelligente è naturalmente curiosa verso l’umanità e di conseguenza aperta all’altro, qualunque sia la sua realtà, e capace di gradire l’apertura dell’altro nei propri confronti.
La capacità di apprezzare la gioia di chi ci è vicino o di tollerarne le emozioni negative sono doti fondamentali che permettono all’intelletto di gestire le relazioni interpersonali in modo tale da consentire la convivenza e l’apprezzamento sociale.