L’immigrazione tra accoglienza e rifiuto
Dott.ssa Teonia Ioana Bolos
L’autrice
La Dott.ssa Teonia Ioana Bolos è madrelingua romena, Laureata in Lingue e Letterature straniere (Italiano e Inglese) e in Giornalismo, titoli ottenuti in Romania. Ha concluso un Master Universitario in “Cultura italiana in Europa” e ha svolto l’attività di insegnante di lingua italiana presso un liceo statale nella sua città di nascita.
Nel 2007 si è trasferita a Roma, dove ha seguito il Master Universitario di I Livello in “Migrazioni: Politiche e risorse per la coesione sociale” presso la Lumsa, con un tirocinio formativo al Ministero dell’Interno, Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione. È stata una partecipante al Master in “Comunicazione, Banche, Assicurazioni”, l’edizione del 2010, e si sente infinitamente arricchita in seguito a questa esperienza, non solo a livello professionale, ma anche caratteriale ed umano.
In presente, lavora come interprete e traduttrice di lingua romena iscritta all’Albo del Tribunale di Roma e collabora come interprete con le forze dell’ordine. Contribuisce alla diffusione della lingua e cultura romena tramite un corso di lingua e svolge saltuariamente l’attività di mediatrice interculturale. Ha pubblicato alcuni articoli sul tema dell’immigrazione in un giornale etnico romeno.
Introduzione
“Il senso di sicurezza o la paura verso l’altro sono l’espressione della fiducia che una comunità ha in se stessa. Se si crede nella propria capacità di integrare altri individui al proprio interno, si ha un atteggiamento di apertura verso lo straniero, non si teme la sua cultura. In fondo, i membri di una tale comunità sono convinti che dall’incontro con l’altro non si viene travolti; al contrario, essi pensano che si possa costruire una prospettiva culturale più interessante, migliorata dal contributo di altre culture. Se invece la comunità e i gruppi sociali sono privi di fiducia in se stessi e nella propria capacità di integrare gente nuova al proprio interno, allora essi assumono atteggiamenti generalmente ostili allo straniero, considerandolo un potenziale pericolo per la sopravvivenza della propria identità collettiva. Di qui la propensione per misure ostili nei confronti degli immigrati e, più in generale, verso lo straniero”.
(V. COTESTA, Lo straniero)
Oggi, l’immigrazione in Italia non rappresenta più un fenomeno, ma un fatto strutturale e complesso, che pone problemi di integrazione delle varie nazionalità presenti sul territorio. Le politiche migratorie adottate fino adesso hanno avuto un approccio emergenziale su questa realtà e non sono state idonee a creare nel mentale collettivo dei cittadini l’idea della normalità di queste migrazioni. Esistono ancora oggi persone che rifiutano di accettare il fatto che la struttura sociale del paese sta cambiando, che la società è ormai multiculturale, che l’interculturalità è un approccio da applicare in tutti gli ambiti: dall’insegnamento a scuola, alla scienza, alla cultura, alla politica e alla gastronomia. La politica di laissez-faire messa in atto fino a questo punto riflette da una parte l’incuranza per una politica diversa o l’incapacità di creare dei modelli politici funzionali.
In Italia, fino a pochi anni fa, la conflittualità che accompagnava il processo migratorio è stata minore che in altri paesi, per causa di fattori quali la divisione degli immigrati in molte diverse etnie, l’inizio relativamente tardivo rispetto agli altri paesi europei del processo migratorio, la scarsa presenza fino a pochi anni fa di immigrati di seconda generazione, un background di migrazioni interne che ha offerto una certa esperienza nella gestione del fenomeno. Oggi, per ragioni dovute all’attuale crisi economica, alla mancanza di politiche adeguate di integrazione, alla presenza di gruppi politici radicali, alla percezione dell’aumento della microcriminalità, l’Italia si ritrova davanti a una situazione difficilmente gestibile. Si dovrebbe forse partire dalla percezione che abbiamo sugli stranieri.