L’ultima regola è un lievito, può veramente cambiare i nostri rapporti umani e di conseguenza la nostra vita:comunico costruendo, comunico positivo.
Come fare?
Abbiamo detto che comunicare significa ascoltare attivamente l’Altro, ascoltare molto e con massima attenzione, captare il messaggio che arriva per diversi canali e quindi comunicare significa affinare la nostra capacità profonda di ricezione.
Il senso deputato all’ascolto è l’udito, è noto che non basta colpire l’orecchio con il suono, esso è un organo particolarmente delicato perché raggiunge il pensiero della persona.
Bisognerebbe non dimenticare che la parola penetra l’orecchio e si fa carne nella persona, ricordarlo sempre, in ogni occasione.
Quando comunico una mia idea devo concentrarmi nel proporla positivamente, devo provare a sostituire la critica con i suggerimenti. La questione non si deve spostare su chi ha ragione ma piuttosto sui vantaggi o svantaggi delle varie proposte. Nel momento in cui comunico un mio pensiero devo comunicarlo in tempi brevi perché sia possibile l’interazione effettiva con l’Altro, sia in un dialogo a due che in un gruppo, occorre dare spazio all’Altro ed evitare fenomeni di monopolizzazione.
Mentre comunichiamo, dobbiamo renderci conto se l’Altro/Altri ci capiscono davvero e fare apertamente feedback, come bene raccomandava il Maestro Giorgio Albertazzi (17) nelle sue conversazioni sull’arte di comunicare.
Quando comunico in un gruppo, devo farmi parte attiva perché ogni membro partecipi ed esprima se stesso.
Vorrei sottolineare come la nostra mente sia strutturata in modo tale che tutto si articola in modo linguistico.
Se provo rabbia, dico parole che la esprimono: “oggi sono arrabbiata, tutto mi va storto”.
Bisogna sviluppare attenzione al nostro linguaggio, quante volte diciamo a noi stessi: non sono capace, non mi serve a niente, è troppo difficile, non ce la farò mai, solo a me succede, sono così giù, sono stanca, adesso ricomincia lo stress, che lavoro assurdo, nessuno mi vuole bene, sempre a me, devo risolvere sempre tutto da solo, perché sempre io, ho paura, non ce la faccio più, che sciocchezze, cose inutili, non ho mai tempo per me, che senso ha tutto ciò?
Sono frasi nelle quali inevitabilmente ci riconosciamo, esse ci svuotano e sottraggono energia, intrappolandoci in uno stato d’animo vertiginosamente in discesa.
Se uscite per un attimo da voi stessi e vi osservate, noterete che ripetete uno schema fisso, una specie di copione in negativo. Studi in campo psicologico hanno dimostrato quanto ci auto-suggestioniamo e auto-convinciamo, facciamo tutto da soli. Allora dobbiamo lavorare attivamente sul nostro linguaggio perchè le mie parole sono la mia esistenza, la mia vita è nelle mie parole.
Recentemente ho iniziato a conoscere il pensiero dello psicologo Bert Hellinger (18) che ci dice: “dopo decenni d’osservazione ed esperienza, l’essenziale della felicità si riduce a mio parere a tre parole.”
Le tre parole che lo psicologo indica sono: sì, grazie, ti prego.
Sono semplicemente tre parole che aprono all’altro, Hellinger ne parla riferendosi al rapporto di coppia ma la loro efficacia è mutuabile in qualsiasi relazione umana, pensiamoci: sì, grazie, ti prego.
Proviamo a costruire un nostro linguaggio positivo, vitale, fecondo e costruttivo, utilizziamolo con metodo, prima per noi stessi e poi per gli altri, sperimentiamo e vediamo il risultato, è una scelta che può dare un colore diverso alle nostre giornate.
Iniziamo a dire dentro di noi e agli altri:
“ una soluzione si trova”
“ tutto ha un senso”
“Forza, andrà tutto bene”
“ sempre con calma, rilassati, rifletti “
“ la prossima volta andrà sicuramente meglio”
“ ce la posso fare”
Concludo ricordando una persona eccezionale, Claudio Imprudente che ho avuto modo di ascoltare personalmente e di cui ho letto un libro fondamentale sulla comunicazione. Mi sembra che quanto riporto di seguito, riassuma perfettamente tutto ciò che è necessario sapere per ben comunicare.
Nella breve introduzione al testo, un paragrafo è dedicato a “Imprudente e la comunicazione”:
“Claudio comunica , eccome! Lo fa con poca spesa, in modo evidente e soprattutto efficace…fa piacere vedere Claudio tenere le sue conferenze con una tecnologia leggera: la sua tavoletta in plexiglass si trasforma in un gioco di abilità. Ha ragione Marshall McLuhan:”il medium è il messaggio”. Per l’esigenza di produrre frasi brevi, comunicabili dall’interprete, lo stile di Claudio è denso ma non noioso, intenso ma chiaro e trasparente (come il plexiglass?) Ogni frase è pensata, mai oziosa, si adatta all’uditorio che Claudio ha sempre presente. Il ritmo obbligatoriamente più lento, richiede una concentrazione maggiore e permette di riflettere, ripensare a quello che sta dicendo, assimilarlo, metterlo a confronto con i nostri pensieri. La sua disabilità gli impone di riflettere, di soppesare le parole, di prevedere gli effetti che produrranno. In lui la parola riprende valore…. Dimostra, nella sua necessità di collaborazione, l’esigenza che tutti abbiamo dell’apporto degli altri. Claudio non parla da solo, un’altra persona legge il suo sguardo sulle lettere incollate al plexiglass e comunica il suo pensiero agli astanti.” (19)
Il discorso è importante, provoca una riflessione a fondo su noi stessi e poi, più in generale, sulla comunicazione. Sono convinta che occorra urgentemente arrestare il processo di riduzione della comunicazione e di svuotamento del linguaggio, dobbiamo rifarla nostra e ricolmarla di senso, Claudio Imprudente è sicuramente un ottimo riferimento.
(17) G.Albertazzi, attore di teatro, è stato docente nei Corsi di Alta Formazione dell’Associazione Eraclito 2000, di cui sono la direttrice, tenendo lezioni sull’arte di comunicare.
(18) B.Hellinger, Felicità condivisa nella costellazioni familiari, Tecniche nuove, 2008, p.20
(19) L’introduzione al testo ”Una vita imprudente”di C.Imprudente, Ed. Erickson, è stata scritta da A.Moletto e R.Zucchi.